Com’è triste Venezia...
Com’è triste Venezia…così recita una canzone di Charles Aznavour di qualche decennio fa. Ancor più triste è Venezia oggi, con le invasioni di turisti che vengono spremuti come limoni senza dare quel servizio di qualità che molte città turistiche di altri paesi riescono a dare. Strutture fatiscenti, plateatici con tavoli, sedie e tovaglie improponibili, ombrelloni vecchi e rotti, colombi spesso malati che saltellano da un tavolo al’altro, il tutto condito con un’indifferenza che sfiora il dileggio spesso e prezzi alti.
La decadenza ormai secolare di Venezia ben si sposa con la decadenza delle strutture del Lido, dove si celebra in questi giorni il consueto rito del Festival del Cinema. Discutevo con cinefili da 5/6 film al giorno (stacanovisti della poltrona) sulla bellezza ed importanza che rivestiva lo stesso festival quando a calcare il tappeto rosso si alternavano attori e registi celebri, anche da Hollywood, del calibro di Mastroianni, Gassman, Rossano Brazzi, De Sica, Fellini accompagnati da attrici come Sophia Loren, Monica Vitti, Elisa Martinelli. A questi si contrapponevano attori e registi di Hollywood che spesso giravano a Cinecittà e frequentavano la dolce vita romana (Kirk Douglas, Anthony Queen, Tyron Power solo per citarne alcuni).
Anche il cinema italiano d’oggi risente purtroppo della crisi di identità e della deriva cui è costretto il paese a causa di una guida politica fallimentare da decenni e di una corruzione dilagante che inquina tutto e tutti. Come poteva rimanere immune il festival ed il cinema nostrano? Ormai molti attori, attrici e registi sono il frutto di conoscenze personali piuttosto che di anni di studio e di duro lavoro (chi e cosa rappresentano la D’Addario e Noemi “papi” Letizia?).
Un politico si è addirittura permesso di contestare Placido per un film che a suo dire rappresenta un’Italia che non esiste. In realtà quell’ Italia esiste eccome ed è anche peggio di come l’ha rappresentata lo stesso Placido con le cinque mafie che la fanno da padrona in lungo e in largo per lo stivale dai tempi dell’unità d’Italia. C’è da dire che la giuria ha fatto del suo meglio e, tutto sommato, i premiati si sono meritati gli elogi dei giornalisti, del pubblico e della critica. Grande maturità artistica ed eclettismo ha dimostrato Colin Firth (Coppa Volpi, miglior attore), passato dallo sfigato del “Diario di Bridget Jones” all’eroe de “L’ultima legione”, per finire metaforicamente con l’interpretazione di un omosessuale in “A single man”. Dolcissimo Shirin Neshat, emozionatissimo il regista di “Lebanon” di Samuel Maoz (Leone D’Oro). Molti big nostrani mancavano al galà di chiusura, tenutosi al Des Bains, proprio il giorno del funerale del grande Mike Bongiorno. E’ finito un festival che lascia un buco (i lavori in corso), palazzi vecchi e trecenteschi che cadono a pezzi (Excelsior e Casinò) come la nostra nazione, che qualcuno ci sta facendo amare sempre meno. Politici di destra e di sinistra che dovrebbero amministrare la Res Publica senza ricavarne interessi e vantaggi, mentre gli stessi la usano come una Res Personalis (passatemi il neologismo), dissanguando soprattutto coloro che dimostrano maggiore creatività e laboriosità, oltre che doti naturali, a favore di clientela e malcostume. Personalmente non credo ai miracoli e, pur non essendo pessimista, ritengo che dovremmo aspettarci un lungo periodo buio nella politica e, di conseguenza, in tutti i reparti della vita civile. Ricordatevene a tutte le prossime tornate elettorali: se volete uno qualsiasi dei due partiti maggiori, determinerete il perpetuarsi all’infinito dell’attuale situazione.
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